Perché le aziende investono nei programmi di Corporate Social Responsability (CSR)?

Quasi il 90 per cento dei cittadini, a livello globale, secondo un sondaggio pubblicato dal Word Economic Forum, vorrebbe vivere in un mondo più sostenibile ed equo nel post-Covid 19.

I cittadini diventano sempre più consapevoli e sensibili alla CSR intesa come sostenibilità, economica, ambientale e sociale, anche nelle proprie scelte di consumo;

L’attenzione dei clienti/consumatori è ormai altissima e le imprese iniziano ad adeguarsi: non c’è business senza etica e creazione di valore condiviso;

I programmi di CSR possono rivolgersi alla sostenibilità Economica, Ambientale o Sociale;

Quindi la CSR, o, responsabilità sociale d’impresa,  sta diventando più importante che mai, una priorità nelle strategie delle principali corporation globali.

L’evento Sustainable Development Impact Summit ha  rivelato  il 72% dei cittadini a livello mondiale si aspetta una trasformazione nel proprio stile di vita, piuttosto che un ritorno al passato.

Un messaggio forte e chiaro, che i top manager delle grandi multinazionali mostrano di condividere: nelle intenzioni, appare ineludibile che in futuro il focus sarà sempre più verso scelte di business orientate a obiettivi di sostenibilità, sintetizzati nell’acronimo ESG (environmental, social, and corporate governance), come unica strategia in grado di dare nuova spinta al business per uscire dalla crisi economica.

La Corporate Social Responsibility aziendale viene ufficialmente definita nel 2001 dalla Comunità Europea: «l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate».

Il concetto di Corporate Social Responsibility aziendale è molto più ampio.

La CSR coinvolge ogni aspetto della vita aziendale, anche il clima lavorativo, la parità di genere e la diversity, per citare due temi d’attualità, quindi ciò che accade in azienda e fuori dall’azienda, con uno sguardo che va ben oltre il breve termine proiettando l’impresa avanti nel futuro e riflettendo sul futuro, cosa rimarrà alle prossime generazioni

Tornando in Europa, la Comunità Europea ha recentemente messo mano alla direttiva 2013/34 relativa ai bilanci d’esercizio e consolidati imponendo alle imprese di maggiori dimensioni, oltre 500 dipendenti e fatturato oltre i 40 milioni di euro, la rendicontazione delle informazioni non finanziarie.

Un allineamento a qualcosa che molte imprese già facevano, avendo colto rapidamente il trend generale di interesse da parte dei consumatori o in generale l’attenzione anche della stampa e dei social verso i comportamenti etici di chi fa business.

Prime tra tutte le imprese con brand consumer, a diretto contatto con le persone, dalla moda all’alimentare, per esempio Johnson & Johnson, Unilever, Nestlè, Coca Cola, Ferrero, e quelle dalle quali, per definizione, ci si aspetta un comportamento più che etico, come le associazioni di consumatori, in Italia la Coop.

Di fatto già nel 2017 a redigere un report CSR era il 78% delle aziende multinazionali del mondo, secondo l’indagine KPMG, anche perché alcuni studi (Vollono, 2010, McDermott, 2012) hanno evidenziato la stretta relazione tra CSR e le performance finanziarie delle aziende, si pensi soprattutto a quelle quotate in borsa e alle scelte degli investitori o dei fondi d’investimento, oggi sempre più orientati all’etica.

Esiste anche un Integrated Governance Index che, nella sua ultima versione, ha analizzato 74 aziende valutandone l’integrazione tra tutti i fattori ESG (environmental social governance), ovvero ambientali, sociali e di governance, e tutte le forme di creazione del valore di un’azienda, ovvero finanziario, manifatturiero, sociale e relazionale, naturale, umano e intellettuale, nella strategia di sviluppo. 

Un esempio fra tanti è Microsoft, campione della Corporate Philantropy, fa parte degli sponsor del Tech4Good Awards 201.

Insomma, le aziende non solo investono direttamente in iniziative di volontariato aziendale, nel miglioramento della vita dei dipendenti e delle comunità nelle quali sono presenti, ma si impegnano direttamente, con il proprio know-how e la potenza di fuoco da multinazionale, per sviluppare soluzioni tecnologiche, nuove idee e attività non direttamente focalizzate al profitto.

Anzi: orientate a un miglioramento generale della vita delle persone e alla conservazione dell’ambiente.

Per questo scopo sviluppano Fondazioni, separate dall’azienda ma collegate inequivocabilmente dal nome che portano, a ulteriore sostegno delle iniziative responsabili.

È il caso di VMWare, con la VMWare Foundation, o di IBM con una sua fondazione che si occupa di tutto quanto concerne la CSR che, emerge chiaramente, è un grande lavoro di relazioni, oltre che di strategia di comunicazione.

Comunicare nel modo corretto l’impegno sociale

Al marketing e agli esperti di comunicazione resta il difficile – ma importantissimo – compito di comunicare la Corporate Social Responsibility in maniera adeguata, senza essere autocelebrativi o suonare falsi con campagne di comunicazione e sponsorizzazioni con toni eccessivi.

Occorre una strategia ad hoc, magari pensando a diversi gradi di coinvolgimento del brand aziendale nelle attività di CSR, in base al tipo di business e agli obiettivi prefissati.

Alcuni infatti scelgono di separare completamente business e CSR e di non utilizzare gli investimenti per il sociale nelle campagne di marketing, per non correre il rischio di essere accusati di socialwashing o greenwashing, in sostanza, di una sostenibilità di facciata.

Oggi tutti questi parametri sono misurabili in maniera oggettiva, come anche la reputation dei brand, dunque chi deve prendere le decisioni ha tutti gli strumenti a disposizione.

Fa bene ricordare, in chiusura, che i padri costituenti italiani ritenevano così importante il tema da averlo inserito in un apposito articolo, l’articolo 41, che recita “L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.